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Lavori pubblici: stop alla duplicazione documentale!

Bisogna far ripartire subito i cantieri, le nostre proposte sono guidate dal buon senso e vertono su tre principi: #Sburocratizzazione #Chiarezza #Velocità


E' vivo tra opinione pubblica ed addetti ai lavori il dibattito su come agire ulteriormente in tema di semplificazioni per ridurre l’impatto che la legge dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016 e s.m.i) ha soprattutto per quanto riguarda gli appalti di lavori pubblici.


Le linee di pensiero attuali sono essenzialmente riconducibili a tre grandi aree: 1. soppressione del codice ed applicazione diretta della normativa europea; 2. introduzione del modello “Genova” come nuovo generale sistema per gli appalti di lavori pubblici; 3. riconduzione ad unità dei complessi e variegati interventi normativi; i sostenitori della prima tesi sostengono che per far ripartire gli appalti non sia sufficiente modificare singole disposizioni o parti del Codice dei contratti pubblici approvato nel 2016 ma che bisogni abrogarlo e riscriverlo.


Questa soluzione dimentica che il quadro normativo di riferimento è UE e va rispettato, pertanto l’unica strada percorribile sarebbe quella di fare riferimento unicamente alle direttive dell’Unione, facendo a meno delle numerose ulteriori regole stabilite dal Codice; i promotori della seconda tesi chiedono l’estensione su vasta scala delle soluzioni utilizzate per la ricostruzione del ponte di Genova. Ma ci si dimentica della peculiarità storico-politica in cui la ricostruzione è avvenuta: vi era un consenso pressoché unanime sull’opera da realizzare, la disponibilità finanziaria era assicurata da un soggetto privato onerato da norme eccezionali, il ricorso a un diritto “singolare” era giustificato da un’indiscutibile emergenza. Il verificarsi di tali situazioni è quindi raro quanto che tale soluzione possa funzionare realmente una volta applicata su larga scala;


il terzo problema concerne il destino delle altre regole: l’attuale sistema delle fonti (in senso ampio, comprendendo anche provvedimenti a carattere non normativo ma comunque rilevanti) appare complesso e confuso. In ambito Europeo abbiamo il Trattato e le Direttive, una serie di atti ricognitivi (libri verdi, determinazioni della Commissione, ecc.) e le sentenze della Corte di Giustizia. Nel diritto interno, il testo del Codice è continuamente oggetto di emendamenti e correzioni. Si aggiungono una molteplicità di fonti secondarie con contorni spesso non chiari: le linee guida vincolanti e non vincolanti dell’Anac, il nuovo Regolamento in corso di redazione, i decreti ministeriali, da ultimo anche i decreti del presidente del Consiglio dei ministri. In ultimo le sentenze dei Tar e del Consiglio di stato. In Provincia di Bolzano è sufficiente dare un’occhiata alle disposizioni attuative in materia di appalti per rendersi conto dell’ulteriore complessità normativa.


È palese quindi che sarebbe necessaria una rivisitazione unica del complesso corpo di normative, prospettiva solo in parte recepita a livello centrale dal costituendo regolamento unico. A nostro avviso sarebbe necessaria una Cabina di Regia (peraltro prevista dall’art. 212 del Codice e pure già formalmente istituita ma di fatto non operante) che svolga il compito di preparare proposte e correttivi consapevoli e che coordinasse i diversi attori, ma tale aspetto esula dalle concrete possibilità del nostro consiglio provinciale anche se potrebbe essere preso a modello di esempio, dal punto di vista di previsione normativa e non certo da quello della sua concreta ed attuale implementazione.


Qualunque sia la strada che si scelga di intraprendere è necessario, e possibile, intervenire su quegli aspetti che in ogni caso si frappongono alla velocizzazione delle realizzazioni ed in particolare gli ostacoli frapposti dall’intreccio delle competenze. Come emerso da una recente intervista al presidente del Consorzio dei Comuni di Bolzano nella nostra realtà provinciale i maggiori problemi riconducibili agli appalti di lavori sono:


La legge provinciale dovrebbe essere più coraggiosa nell'ampliare le percentuali di subappalto ed andare verso la visione europea che infatti ha sanzionato più volte l’Italia per il limite massimo del 30% ai subappalti (40% fino a luglio 2021), le controindicazioni sembrano essere:

“Un appalto suddiviso in molti subappalti e lavorazioni è più dispendioso, in quanto coincide con una maggiore burocrazia. Questi oneri gravano sui progettisti e sui costruttori. La suddivisione in più subappalti consente l’accesso più semplice per le realtà locali. È necessario dover fare i conti in riferimento alle competenze: aspetto non facile da risolvere e istituti come l’avvalimento in tal caso non sono sufficienti. Quello che sarebbe necessario è una riduzione della burocrazia e della documentazione. Ciò non permetterebbe di semplificare soltanto la suddivisione delle lavorazioni, bensì l’intera procedura degli appalti pubblici di lavori in attesa delle auspicate riconduzioni ad unità del complesso della normativa. Un esempio concreto è la decisione da parte della Giunta di approvare lo scorso gennaio le direttive sul rispetto delle indicazioni sui prezzi. Questo atto necessario e previsto dalla normativa nei fatti ha generato un aggravio della procedura in quanto il responsabile unico del procedimento deve controllare il rispetto del listino anche se il progettista è già obbligato a rispettarlo e nei lavori più grandi risulta necessaria un’ulteriore verifica del progetto. Appare evidente che si tratta di un aggravio di procedimento che inevitabilmente comporta tempi maggiori.”


È pertanto necessario intervenire sulle fasi di costruzione, gara ed aggiudicazione dell’appalto: il Codice vigente è focalizzato sulla fase dell’affidamento dei contratti pubblici mentre trascura le fasi della programmazione del contratto da affidare (che comprende la progettazione) e dell’esecuzione. Se questo squilibrio si giustifica nelle direttive europee, per il fatto che esse si occupano essenzialmente degli istituti che hanno rilevanza ed impatto sul mercato unico, esso non è spiegabile nel diritto interno. Occorre anche considerare che l’esperienza dimostra che sono proprio le fasi della programmazione e dell’esecuzione dei contratti, proprio perché trascurate, quelle che richiedono tempi più lunghi e che sono a maggiore rischio di corruzione e sulle quali la PA può intervenire, nel quadro normativo vigente, per velocizzare le procedure.

È fondamentale che le misure pro-concorrenziali, per la trasparenza e per l’integrità non ostacolino l’obbiettivo dell’efficienza; la trasparenza delle procedure non deve essere fine a se stessa (con l’effetto di creare inutili appesantimenti burocratici, come nel caso riportato prima), ma deve inserirsi in una risistemazione degli strumenti di controllo (per i quali sono necessarie solo le informazioni essenziali sugli appalti e non quelle inutili) ed essere finalizzata a renderli più efficaci; sono certamente utili misure specifiche volte alla prevenzione della corruzione, ma queste non devono avere l’effetto di determinare perdite di efficienza, creando ulteriori margini dietro ai quali proprio la corruzione si può nascondere.


Affinché si arrivi ad un miglioramento generale del quadro è, a nostro avviso implementare un adeguato sistema di misurazione dei risultati raggiunti e del loro controllo esercitato da parte della Pubblica Amministrazione. A tal fine, appare necessario stabilire a priori quale debba essere il risultato (performance, con chiaro riferimento ed inserimento di tali aspetti all’interno del Piano delle Performance) programmato della pubblica amministrazione, anche attraverso il ricorso a valori standard universalmente riconosciuti, e poi procedere alla verifica puntuale del risultato conseguito, apparendo oggi molto generiche su tale aspetto le previsioni contenute nei Piani delle Performance, a nostro modo di vedere. Tutto ciò dovrebbe determinare la maggiore ed effettiva responsabilizzazione delle stazioni appaltanti e dei singoli dirigenti e funzionari che operano al loro interno, chiamati ad assicurare l’efficientamento e la lotta alla corruzione nel settore dei contratti pubblici;


È pertanto chiaro, alla luce delle problematiche più diffuse espresse in premesse, che seppur la L.P. 16/2015 e s.m.i. ha dato spazio a numerosi strumenti di semplificazione e chiarezza rispetto al vasto complesso della normativa è necessario oggi rivedere e costruire un sistema di best-practies che evidenzino gli aspetti critici e la loro risoluzione concreta a quadro normativo invariato;


In Provincia di Bolzano la struttura di riferimento su cui far perno per intraprendere un’opera di semplificazione procedurale e conseguentemente burocratica attraverso il sistema delle best-practies può e deve essere l’Agenzia per i Contratti Pubblici (ACP) potenziata nel suo strumento di osservatorio che da attività normativamente prevista deve necessariamente trasformarsi in strumento promotore di informative di semplificazione.


La nostra richiesta pertanto va nell'ottica di una chiara semplificazione documentale attraverso un organismo che evidenzi tutte le incongruenze oggi presenti nel sistema di richiesta documentale.
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